Il cammino verso la Pasqua, quest’anno, mi ha fatto apprezzare la Via Crucis, recitata in parrocchia, un po’ in velocità, che le persone, se no, si stancano e invece ogni venerdì ce n’erano di più di quello precedente. Ieri riflettevo sul ripetersi delle cadute di Gesù: sanguina, è massacrato dal flagello, torturato da un caschetto di spine sulla testa e cade più volte, “sotto il peso della croce”.
Ho pensato alle cadute di tutti noi, sotto il peso delle croci che portiamo, in modo non cruento e spesso non visibile. E mi sono detta che se cadiamo, a volte, è perché le cose ci arrivano addosso e non facciamo in tempo a scansarci o non possiamo proprio farlo. Ma siccome ci siamo convinti di poter tenere sempre tutto sotto controllo, cadiamo (di nuovo!) nell’errore di accusare noi stessi per il dolore che proviamo e perdiamo tempo a cercare, nei nostri comportamenti, l’errore che ci ha portato, in un inevitabile susseguirsi di eventi, a cadere. Vogliamo capire, imparare, non ripetere, insomma, vogliamo riprendere il controllo.
Sprechiamo tante energie che dovremmo invece concentrare in quello che veramente dipende da noi: rialzarci.
Non basta un atto di volontà per rialzarsi e non lo si può fare in un momento di entusiasmo. È un cammino lento e faticoso, che non dobbiamo percorrere da soli e che a uno sguardo superficiale sembra non portare dove veramente sta andando, come se si fermasse un attimo prima.
Anche a me, a volte, l’hanno chiesto: “Li perdona?” E io, che non sapevo nemmeno cosa provassi, davo la risposta più onesta possibile: “Sono in cammino, la strada è lunga e difficile, vedremo”.
Gemma Calabresi Milite, “La crepa e la luce”, Mondadori.
Rialzarsi è un grandissimo atto di libertà e di liberazione da convinzioni che ci tengono imprigionati in una visione sterile della vita e di noi stessi; comincia quando accettiamo la realtà, quando ci arrendiamo alla nostra finitezza e chiediamo aiuto per rinascere a una vita piena.